TAROCCHI

LA GIUSTIZIA

La Giustizia, quella figura marmorea che ti guarda con l'espressione di una madre che ha appena scoperto che hai nascosto la pagella sotto il materasso. E sì, è lì, seduta sul suo trono rigido come la morale di un predicatore domenicale, con la spada in una mano e la bilancia nell'altra, pronta a dirti che no, non te la cavi solo perché hai fatto gli occhi dolci all'universo.

La bilancia, simbolo dell'equilibrio, della ponderazione, della pesatura delle anime. Che idea carina, vero? Ma diciamolo: nessuno ha mai visto una bilancia senza qualcuno che cerca di truccarla. E la spada? Ah, quella non è per tagliare la torta della giustizia, tranquillo. È il simbolo del potere decisionale, della capacità di tranciare, di separare il vero dal falso. Ma con la precisione chirurgica di un macellaio durante il blackout.

Oswald Wirth, da bravo occultista svizzero, ce l'ha impacchettata bene questa Giustizia. Bella rigida, bella simmetrica, in stile "se non sei allineato ti raddrizzo io con la spada". Lo sguardo della figura è diretto, freddo, giudicante. Non è la giustizia che ti consola, è quella che ti fa tremare mentre ti chiede: "Allora, che scusa hai oggi?". Il mantello rosso, ça va sans dire, non è lì per scaldarla, ma per far capire che dietro la logica glaciale c'è comunque una passione infuocata per l'ordine. Il tipo di passione che fa innamorare i burocrati.

E vogliamo parlare della corona? Non è lì per bellezza, ma per ricordarti che questa Giustizia non risponde a te. Lei risponde a un ordine più alto, cosmico, supremo. Uno di quelli che nessuno ha mai visto ma tutti citano quando devono giustificare porcate inenarrabili. La carta ti guarda e ti dice: "Io non sono qui per essere giusta. Sono qui per essere GIUSTIZIA." E se ti lamenti, peggio per te: evidentemente non eri così innocente.

Il bello è che nei tarocchi questa carta dovrebbe essere una guida, una voce dell'anima, una bussola morale. Ma messa così, sembra più l'avvocato del diavolo con il diploma da magistrato. È l'eco delle scelte che hai fatto mentre pensavi che nessuno stesse guardando. E indovina? Lei stava guardando. Sempre.

In conclusione, la Giustizia di Wirth non è una dolce signora cieca con la benda e il cuore d'oro. No. È sveglia, vede tutto e ti giudica con la grazia di un ispettore fiscale in giornata storta. Non cerca di capirti, cerca di pesarti. E se non torni, ti taglia. Con affetto, naturalmente.

VIZI E WIRTHÙ

Eccola lì, la carta della Giustizia. Immobile. Fredda. Con la spada in una mano e la bilancia nell'altra, pronta a pesare ogni tuo messaggino su WhatsApp come se fosse la prova A nel processo "Perché mi hai lasciato visualizzato per sei ore?"

Nel mazzo di Oswald Wirth — sì, proprio quello che ha deciso che i tarocchi dovevano avere più simbolismo massonico di una loggia segreta sotto un tempio egizio — la Giustizia siede tra due colonne. Simmetrica, statica, chirurgica. Non c'è passione, non c'è pathos. Solo verità, equilibrio e quella fastidiosa mania di "vedere entrambi i lati della situazione" che rende impossibile una sana e catartica litigata di coppia.

Il volto della Giustizia non è bendato. Qui non si parla della cieca imparzialità dei tribunali: questa ti guarda dritto in faccia, come la tua ex che ha scoperto che hai messo like alle foto della tua collega alle tre di notte. Niente scuse, niente ambiguità: lo sguardo è diretto, analitico, quasi clinico. E lo capisci subito: questa carta non è venuta per accarezzarti i capelli mentre piangi. È qui per darti un rendiconto emotivo dettagliato, tipo estratto conto sentimentale a fine mese. E spoiler: sei in rosso.

Simbolicamente, la bilancia è ovviamente lo strumento con cui si pesa il cuore — o almeno così dicono gli egiziani. Ma nei tarocchi di Wirth, è più una metafora della relazione: chi dà di più? Chi si sta facendo fregare? Chi sta facendo ghosting con stile, e chi invece si aggrappa ai "buongiorno" come fossero ossigeno? La Giustizia ti ricorda che l'amore non è cieco: è miope, astigmatico e spesso guida senza patente.

E poi c'è la spada. Non una bacchetta magica, non un mazzo di rose, no. Una spada. Per tagliare le stronzate, probabilmente. Wirth la mette dritta, verticale, simbolo di verità e discernimento. E diciamolo chiaramente: la verità nell'amore è come l'aglio nel tiramisù, raramente gradito. Ma la Giustizia non ha tempo per le delicatezze. Ti dirà che lui non "ha paura di impegnarsi", ma preferisce Netflix senza te.

In amore, quando questa carta si presenta, è come se l'universo ti dicesse: "Adesso basta piangere in bagno. È ora di rimettere i conti in pari". Ti invita a guardare le dinamiche, a vedere dove stai dando troppo o troppo poco. Ti sfida a fare i conti, a chiederti se quello che chiami amore non sia in realtà solo bisogno travestito da passione.

La Giustizia non ti consola, ti sveglia. Non ti abbraccia, ti scrolla le spalle. E soprattutto, non ti illude: ti fa firmare una dichiarazione dei redditi emotiva e ti manda a casa la ricevuta.

Quindi, la prossima volta che la peschi in una stesa d'amore, non aspettarti la risposta zuccherosa che volevi. Preparati invece a una lezione di lucidità, tipo quella volta che ti sei riguardata i tuoi vecchi messaggi d'amore e ti sei chiesta se eri ubriaca o solo disperata.

In fondo, la Giustizia di Wirth è l'unica carta che ti dice la verità sull'amore: non è cieco, è un casino ben bilanciato — e se vuoi farlo funzionare, comincia col guardarti allo specchio. E magari smetti di scrivere a chi ti risponde solo con emoji.