
TAROCCHI
L'IMPERATRICE
Eccola qui: la carta dell'Imperatrice nel mazzo di Oswald Wirth. La terza in ordine, ma sicuramente la prima a farti sentire come una scolaretta beccata a copiare durante l'interrogazione. Ti guarda dritto negli occhi da quel trono decorato con simboli ermetici, come se sapesse che la sera prima hai mangiato pasta riscaldata in mutande davanti a YouTube, e tu lì, mentre osservi la carta, ti senti improvvisamente giudicata da una donna di carta.
Ma andiamo per gradi, o per deliri. Perché questa signora non è solo la Mamma cosmica o la Dea dell'abbondanza. No. È la CEO dell'inconscio collettivo, l'ufficio risorse umane dell'universo arcano, quella che decide se far germogliare le tue idee o abortirle con la grazia di un colpo di scure in mezzo alla fronte.
Partiamo dal trono. Un trono che più simbolico non si può: decorato con segni zodiacali e figure alchemiche, roba da far venire l'orticaria a chi pensa che il massimo della spiritualità sia l'oroscopo del giorno su Instagram. Ma lei se ne frega. Sta lì seduta, regale, con uno sguardo che dice: "Io ho partorito la realtà. Tu, al massimo, un progetto di startup fallita".
E poi c'è lo scettro. Oh, lo scettro. Perché non può mica stare con le mani in mano come una casalinga disperata. No, lei impugna questo bastone con un globo in cima – simbolo del potere femminile su tutto ciò che respira e sanguina – e lo tiene con la stessa leggerezza con cui una madre ti schiaffeggia con amore quando sbagli coniugazione verbale. È autorità, ma con il rossetto. È dominio, ma con classe. Una dominatrix dell'archetipo, senza fruste ma con la laurea in gnosi.
Poi c'è lo scudo con l'aquila. Perché un'aquila? Perché niente dice "sono la padrona di tutto" meglio di un rapace che ti fissa dall'alto pronto a lacerarti il volto se solo osi pensare male. L'aquila non è lì per decorazione, è il simbolo dell'anima che vola sopra il pantano dell'idiozia umana. L'aquila è la versione spirituale del dito medio.
E guarda i colori, santo cielo. Rosso per la tunica: la passione, la vitalità, il sangue mestruale del cosmo, baby. Blu per il mantello: il mistero, l'intuito, l'oceano della psiche dove tu affoghi mentre lei ci nuota come una sirena. Tutto in lei è polarità: è madre e matrigna, amante e assassina, guida spirituale e influencer ante litteram.
Ma attenzione, perché se la peschi cattiva, questa signora si trasforma. Non è più la generatrice di vita e idee. No, è una mantide che ti mangia la testa dopo il coito creativo. L'energia fertile si fa arida, il calore materno si trasforma in un frigorifero rotto pieno di sensi di colpa. È come se tua madre, la tua ex e la tua terapeuta si fondessero in un unico spettro per dirti che non stai facendo abbastanza.
E vogliamo parlare del simbolismo sessuale? No? Peccato, perché è lì, spiattellato. L'Imperatrice è tutta un inno al potere dell'utero, al culto della vulva come fonte di creazione e dannazione. E ogni volta che peschi questa carta, lei ti chiede: "Tu cosa hai creato oggi, oltre al caos nella tua vita sentimentale?" E tu abbassi lo sguardo, colpevole, mentre lei si sistema la corona come se fosse un podcast sull'empowerment femminile.
L'Imperatrice è tutto quello che temi e desideri in una donna, in una madre, in una parte di te che non vuoi ammettere di avere. È la voce dentro che ti dice di partorire idee invece di abortirle per paura. Ma se non la ascolti... ti castra l'inconscio con un sorriso.
E tu lì, seduta, con la carta tra le mani, capisci finalmente che l'Imperatrice non è una carta. È una lezione. È un ceffone vestito da simbolismo. È una voce che ti dice: "Ehi stronza, la vita è un parto. O spingi o ti soffochi nel liquido amniotico della tua stessa inettitudine".

VIZI E WIRTHÙ
L'Imperatrice dei tarocchi di Oswald Wirth non è la solita madonna da santino con la testa tra le nuvole e la gonna piena di fiori. No, questa signora è la regina del gioco, e quando si parla d'amore, lei non chiede il permesso: prende, crea, domina. Non è la dolce metà, è l'intero pasto. E tu? Tu sei il dessert se va bene.
Guardala lì, col suo scettro in mano, lo scudo con l'aquila e quello sguardo che dice "So già cosa vuoi e ho deciso se vale la pena dartelo". Wirth la mette sul trono dorato della simbologia esoterica, sì, ma se la incontri in una stesa sull'amore, preparati: non è il cuore che guida, è il potere travestito da seduzione. L'Imperatrice è l'archetipo della femmina alfa, quella che ride di chi pensa che l'amore sia parità, dialogo, "crescita insieme". Ma quale insieme. Lei cresce e tu le stai dietro.
Non confondiamola con la mamma accogliente. Questa è la mamma che ti abbraccia e ti pugnala nella stessa carezza. La sua energia è fertile, certo, ma anche inebriante come un profumo troppo forte alle tre del mattino, quello che ti fa girare la testa e ti svegli a casa sua senza ricordarti il tuo nome. In amore, l'Imperatrice ti insegna che essere desiderati è potere. Essere innamorati? Una debolezza che si può sfruttare.
C'è una parte di noi, inutile negarlo, che vuole essere conquistata da qualcuno così. Da chi ha l'intelligenza affilata come una lametta e la sensualità di una bottiglia di gin al buio. L'Imperatrice non si fa domande: ama quando vuole, chi vuole, come vuole, e soprattutto non si giustifica.
Wirth, col suo stile mistico-simbolico, la incornicia in un'aura di grazia alchemica. Ma togliamole il velo: è l'arte dell'amore come manipolazione creativa, dove creare significa distruggere le illusioni e fare spazio al desiderio nudo. Non è una carta che coccola. È una che ti sveglia nel mezzo della notte con un bacio e ti dice che devi andartene perché ha da fare.
Eppure, nonostante tutto, la vuoi. Perché in fondo sai che dietro la sua sicurezza c'è la libertà. La sua e, se sopravvivi, forse anche un po' la tua.
