
TAROCCHI
LA MORTE
Già il nome suona come una minaccia di sfratto dalla vita, eppure, sorprendentemente, non è la dichiarazione ufficiale del tuo funerale spirituale. È solo un invito educato a levarti di torno ciò che non serve più, tipo le relazioni tossiche, le credenze da televendita new age e quei pantaloni che non ti stanno dal 2012.
Questa carta ha una marcia in più. Oswald, da buon occultista dell'Ottocento, ci mette tutta l'estetica gotico-esoterica che serve per convincerti che stai vedendo qualcosa di profondo. Niente scheletro simpatico con la falce alla "Halloween per bambini". È la fine del mondo, certo, ma solo di quello in cui eri una scema.
Questa carta arriva sempre quando la tua vita è diventata una sitcom troppo lunga, con attori stanchi e battute riciclate. Wirth lo sapeva: la Morte nei tarocchi non uccide, pota. È il giardiniere cosmico con una falce, e tu sei il bonsai cresciuto storto.
La gente teme la Morte nei tarocchi come teme il Wi-Fi che non prende: non sa perché, ma sospetta che sia una fregatura.
E poi c'è il numero XIII. Ah, l'ansia da superstizione. Ma dai, se sei arrivata al punto di consultare i tarocchi, probabilmente il tredici è il numero meno preoccupante della tua giornata. In fondo, questa carta ti dice che hai un biglietto di sola andata per l'evoluzione. Magari ti sbarazzi della zavorra, dei sensi di colpa, della dieta del lunedì che non inizi mai.
La Morte ti fa un favore: ti chiude la porta in faccia prima che tu possa ficcarci dentro tutta la tua mediocrità.
Quindi smettiamola con la sceneggiata gotica. La Carta della Morte non è lì per seppellirti, ma per spalancarti la fossa... dove buttare il tuo passato da soprammobile esistenziale. Il trucco? Lasciarsi morire dove serve. Solo così puoi avere l'onore di risorgere.
Perché, diciamolo: senza un po' di morte, saremmo tutti eternamente bloccati alla terza stagione delle nostre peggiori abitudini.

VIZI E WIRTHÙ
Amore e tarocchi: quella storia vecchia come l'umanità, piena di speranze mal riposte e letture sbagliate fatte da un tizio con più anelli che dita. Ma oggi non parliamo del solito Sole o degli amanti sdolcinati, no. Parliamo di quella che tutti temono, come se si trattasse dell'ex che ti scrive "possiamo parlare?" alle tre del mattino: la Morte. Ma con un colpo di scena. Parliamo della Morte quando si occupa di faccende di cuore.
Prima di tutto: no, non è la fine. Lo dicono tutti, ma non è per consolarti — è proprio perché la carta della Morte è una fregatura semantica. Non parla di morire nel senso Sky crime, ma nel senso "tesoro, dobbiamo parlare". La Morte nei tarocchi ti libera da un rapporto tossico prima che tu possa chiamare tua madre piangendo per la quarta volta in settimana.
Wirth, che non era certo un tipo da frasi fatte, disegna la Morte come un cavaliere scheletrico che falcia teste come se stesse facendo pulizia contatti su WhatsApp. La scena è apocalittica, ma in quel caos c'è una promessa: fine di qualcosa, sì, ma per lasciare spazio a un amore nuovo.
Quando questa carta appare in una lettura sull'amore, può voler dire diverse cose. Potresti essere a un passo dal mollare quel partner che ti corregge ogni frase o che ride come una cornacchia impazzita ai tuoi pranzi di famiglia. Oppure, il tuo cuore si prepara a cambiare forma, come un Pokémon sentimentale che evolve dopo l'ennesimo appuntamento disastroso in un sushi all-you-can-eat.
C'è però un'ironia tragica in tutto questo: l'amore, che dovrebbe elevarti, è rappresentato dalla falce di un morto che non ha manco più i muscoli per abbracciarti. Ma è proprio qui che Wirth ci fa una lezione da stand-up occultista. L'amore vero non arriva con i cuori e le rose, arriva dopo una rivoluzione. Dopo che hai fatto fuori tutte le tue illusioni romantiche, quelle costruite su romantic comedy e profili Tinder con frasi tipo "amo viaggiare e ridere". La Morte ti dice che per trovare l'amore, prima devi far fuori tutta quella roba che chiamavi "ideali" e che in realtà erano solo ansie vestite da speranza.
In fondo, se la Morte appare nella tua lettura sentimentale, forse è il momento di staccare la spina. Di dire basta. Di fare tabula rasa. E poi ricominciare. Magari con qualcuno che sa che "andare in terapia" non è un insulto, ma un punto a favore.
Perché a volte, il vero atto d'amore è seppellire quel che non funziona.
