
TAROCCHI
IL PAPA
Una figura austera, solenne, che se ne sta seduto su un trono decorato come se fosse l'unico a sapere dove finiscono le anime e iniziano le tasse. Ma non lasciamoci fregare dalla barba bianca e dallo sguardo da santone. Il Papa, in questo mazzo esoterico da salotto borghese, è tutto fuorché un semplice vecchietto con le chiavi del Regno dei Cieli.
Guardiamolo bene. Sta lì, vestito come se avesse rubato l'intero guardaroba a un patriarca bizantino: mitra in testa, bastone a tre bracci in mano (sì, TRE, perché due erano troppo mainstream), e due discepoli inginocchiati ai suoi piedi, che lo guardano come se stessero ascoltando un tutorial spirituale su YouTube, ma in latino. E tu lo guardi e pensi: ma questo è un Papa o un influencer del sacro?
Nel mazzo di Oswald Wirth, il Papa è simbolo di mediazione tra il cielo e la terra, un tipo che si atteggia a router cosmico, il Wi-Fi dell'anima. Ma attenzione: questa non è la religione da catechismo domenicale. Qui siamo nella teatralità magica dell'occulto, roba che mescola neoplatonismo, cabala e il manuale per stregoni dilettanti.
Quel bastone a tre bracci, ad esempio. Non è un gadget per fare il figo in processione. È il simbolo della triplice autorità: spirituale, morale e intellettuale. In pratica, è come dire "Ho ragione su tutto e, se non ti sta bene, prega meglio". I due accoliti, con le mani giunte e le teste rasate, rappresentano la dualità che si sottomette all'unità del principio superiore. Tradotto: tu pensi di avere scelta, ma tanto alla fine fai come dice lui. Boom. Dogma servito freddo.
E poi c'è lo sguardo. Quello sguardo. Non ti giudica, no. Ti interpreta, come se stesse leggendo il tuo karma mentre tu cerchi solo di capire se hai mescolato bene le carte. È lo sguardo del tipo che sa che hai peccato ancora prima che tu capisca cosa sia un peccato. E quando ti parla — anche se non parla mai — lo fa con voce profonda, tipo Morgan Freeman che recita il Necronomicon.
Ma il Papa di Wirth non è lì per confortarti. È lì per testarti, per metterti davanti al mistero con un sorriso da esaminatore spirituale. Vuoi il senso della vita? Lui ce l'ha. Ma prima devi inginocchiarti, tacere, e magari smetterla di pensare che puoi capire tutto da solo. L'autorità che rappresenta è quella verticale, rigida, gerarchica. In un mondo dove tutti vogliono essere guru, il Papa ti ricorda che tu sei ancora un apprendista con le mani sporche d'inchiostro e le idee confuse.
Insomma, questa carta è un trip allucinogeno senza droghe: ti costringe a riflettere su fede, potere, verità, e su quanto tu sia disposto a farti guidare da qualcosa più grande. Ma occhio a non prenderlo troppo sul serio. O peggio, troppo sul personale. Perché se c'è una cosa che il Papa di Wirth non fa, è coccolarti.
No, lui t'insegna che dietro ogni dogma c'è un segreto, e dietro ogni segreto c'è uno specchio. E guarda un po': ci sei tu, con la carta in mano, che ti chiedi se stai pescando il destino o solo un'altra metafora ben vestita.
Amen, fratelli.

VIZI E WIRTHÙ
L'amore di coppia. Quella commedia tragica dove due anime cercano di ballare lo stesso valzer senza pestarsi i piedi, e poi arriva lui, il Papa dei Tarocchi di Wirth, vestito come se dovesse officiare un matrimonio tra due galassie, e dice: "Ragazzi, servono regole". Regole? In amore? Ma che sei, un prete o il codice civile?
Il Papa, in questo mazzo esoterico da salotto vintage, non parla d'amore come farebbe un poeta francese ubriaco di assenzio. No, lui te lo sbatte in faccia come una verità ecclesiastica: l'amore senza struttura è solo una botta di serotonina con la scadenza a breve termine.
Guarda la carta. Due discepoli ai piedi del pontefice, inginocchiati come due sposini all'altare, pronti a ricevere la benedizione. Ma non è solo cerimoniale. È simbolico, amico mio. Lui ti dice: "L'amore non basta, serve un'alleanza sacra. E no, non basta che vi piaccia la stessa serie su Netflix."
Il Papa in amore è quel giudice interiore che chiede: "Hai messo le fondamenta o solo cambiato le lenzuola?" E tu, con la voce tremante, rispondi: "Ma ci amiamo". E lui, serafico, ti guarda come si guarda un cane che ha masticato la Bibbia: con infinita pazienza e zero illusioni.
Il Papa è l'architetto del "per sempre", quello che ti dice che se volete far durare la storia non basta baciarvi sotto la pioggia. Ci vogliono riti, impegni, parole che diventano promesse, e promesse che non scivolano via appena il sesso cala e arrivano le bollette.
E occhio: lui non è lì per moralizzare. È lì per "ritualizzare". L'amore, per lui, non è solo sentimento, è trascendenza incarnata in due corpi che decidono di diventare uno... e poi ci ripensano alle tre di notte. È quel momento in cui dici "Sì, ti scelgo", ma non nel senso Disney. Nel senso che domani ci sarai anche se oggi mi hai rotto l'anima con le tue insicurezze.
Il Papa nei Tarocchi ti chiede se stai amando con il cuore, con l'anima e con la testa. Se stai costruendo un tempio o solo affittando una stanza nel motel delle emozioni temporanee.
E diciamolo: fa paura. Perché è più facile essere amanti che iniziati. Più semplice vivere il fuoco che mantenerlo acceso con la legna della pazienza, della lealtà, e del sacrificio.
Il vero amore, dice il Papa, è un patto spirituale con clausole karmiche. Non è roba da like su Instagram o da finti tramonti con le citazioni di brutte poesie. È sangue e verità, è guardarsi negli occhi dopo una lite devastante e dire: "Resto". Non perché non puoi andartene. Ma perché hai scelto. Di nuovo. Di restare.
E allora sì, forse l'amore è una fede. Ma non cieca. È quella fede che ti fa vedere l'altro per com'è — con tutti i casini — e lo ami lo stesso, ma senza rinunciare a te stesso.
E lì, fratello mio, sorella mia, quando amate così, siete voi il vero Papa.
Con o senza la mitra.
