
TAROCCHI
LA PAPESSA
Quel personaggio che, nei tarocchi di Oswald Wirth, sembra appena uscita da un convento, ma con la faccia di una che sa tutto, proprio tutto, e non te lo dirà mai. Perché la Papessa non parla. La Papessa ti guarda con quell'espressione da madre superiore del sacro e dell'occulto, con il suo libro mezzo aperto sulle ginocchia – e già lì, siamo in zona "spoiler divino" – ma ovviamente le pagine non puoi leggerle. È un invito a farti i fatti tuoi, e a guardarti dentro, non fuori. Che tanto, fuori c'è solo guerra e stupidità organizzata.
Parliamoci chiaro: Wirth, nel disegnare la Papessa, non stava mica facendo un'icona da venerare. Stava creando un personaggio che ti dice: "Siediti, chiudi la bocca, e inizia a pensare". È il contrario dell'influencer, capito? Nessuna voglia di apparire. Sta lì, tra due colonne, che sono la versione tarologica del "non è tutto bianco o nero". Hai presente quelle colonne, Jakin e Boaz, le due colonne in rame, erette nel vestibolo del tempio di Salomone? Jakin, evoca in ebraico l'idea della stabilità, mentre la colonna di sinistra, Boaz, suggerisce l'idea della forza. La Papessa siede in mezzo. Ci fa capire che la verità è nel mezzo, e nel mezzo dobbiamo starci comodi.
E poi il velo dietro di lei. Una tenda tirata tra noi e l'ignoto. Sta lì a dirti: "Vuoi sapere cosa c'è dietro? Studia. Medita. Smettila di scrollare e affronta l'inconscio". La Papessa è il mistero custodito, la bibliotecaria del divino che ti presta i libri solo se te lo meriti.
Il libro sulle ginocchia è l'enciclopedia dell'universo, ma non è tutto scritto. Le pagine che vedi sono solo l'inizio. Il resto? Bianco. Perché lo devi scrivere tu. È il simbolo della conoscenza potenziale, quella che non ti arriva con le app, ma col silenzio, la riflessione, col guardare una candela accesa per tre ore mentre ti chiedi se l'universo ti odia o solo ti ignora.
E che dire della croce sul petto? Quattro braccia, quattro direzioni, quattro elementi. È il punto d'incrocio tra materia e spirito. È come se ti dicesse: "Sì, va bene mangiare vegano e fare yoga, ma se non capisci perché lo fai sei solo un'altra pazza in calzamaglia". La croce è l'equilibrio tra gli opposti, la sintesi degli opposti. Non basta avere fede, serve anche un po' di logica, o finisci per credere che le piramidi siano state costruite dagli alieni con la supervisione di Elvis.
La Papessa è la voce interiore che non urla. Quella che non ti dà notifiche, non vibra in tasca, non compare in pop-up. Devi stare zitta per sentirla. E in un mondo dove tutti gridano per avere ragione, la Papessa ti dice: "Taci. Ascolta. Rifletti". E poi, forse, ti svelerà qualcosa. Ma solo se smetti di cercare le risposte fuori, e inizi a scavare dove fa male.
Quindi la prossima volta che la peschi dal mazzo, niente panico, niente occhi al cielo. Guardala in faccia. E poi vai a sederti da qualche parte, spegni il telefono, e ascolta il silenzio. È lì che la Papessa sussurra. E se sei fortunata , magari ti dà pure qualche dritta per la felicità.

VIZI E WIRTHÙ
L'amore, per la Papessa di Oswald Wirth, non è il tramonto a Bali con due mojito e il sottofondo di Ed Sheeran. È più simile a un monastero tibetano dove ti mandano a pelare patate fino a che non capisci cosa cazzo stai cercando. Perché lei, l'algida regina del silenzio e del non detto, non ti parlerà mai d'amore come lo fa la pubblicità del profumo. La Papessa non ama, contempla l'amore. Lo studia. Lo archivia. Lo medita fino a che non lo disinnesca.
Non è l'innamoramento che le interessa. Quello lo lascia agli sprovveduti, ai cuori veloci, a quelli che confondono l'infatuazione con l'epifania. La Papessa ti guarda mentre fai la cretina innamorata e pensa: "Durerà tre settimane e poi torni da me a piangere nel silenzio". Perché l'amore vero, per lei, non ha bisogno di rumore. È un processo lento, sotterraneo, che avviene nei recessi dell'anima, dove nessuno ha voglia di scavare perché ci sono i ragni emotivi.
E quando ama, non lo dice. Lo custodisce. Come si custodisce un segreto sacro o un codice nucleare. Lei ama nel modo in cui una stella implode in un'altra galassia: senza testimoni, senza parole, senza bisogno di conferme. L'amore della Papessa è quello che ti sradica l'ego senza chiederti il permesso. È l'amore che ti guarda mentre crolli e dice: "Bene. Adesso iniziamo."
La sua idea dell'unione non è una coppia che posta la foto del brunch. È un'unione alchemica, interiore, dove il maschile e il femminile si fondono dentro di te, non nel letto di qualcun altro. È Jung in sottana, è Freud dopo un esorcismo. Lei non vuole un partner. Vuole che tu diventi intera. E solo allora, se proprio insisti, forse ti fa incontrare qualcuno degno. Ma prima, ti obbliga a stare sola. In silenzio. Con la tua parte più schifosa.
Non aspettarti romanticherie dalla Papessa. Ti parlerà d'amore come un medico legale parla di un corpo: con distacco, con precisione, con una conoscenza che fa paura. Lei sa che l'amore, quando è vero, ti smonta pezzo per pezzo, ti leva le maschere, ti toglie ogni trucco, ti mostra nuda davanti allo specchio dell'altro. E non sempre ti piacerà quello che vedi.
Ma nonostante tutto, lei crede nell'amore. Non quello dei baci perugina, ma quello che ti trasforma. Quello che ti cambia la struttura dell'anima, non il colore dei capelli. Quello che, quando finisce, non è una sconfitta, ma un'iniziazione. Un passaggio. Un'esplosione silenziosa che ti lascia diversi, più profondi, meno idioti.
E quindi, se ti capita la Papessa in una lettura sull'amore, non pensare che sia un "no". È un invito. A scavare. A tacere. A sentire davvero. E forse, a smettere di cercare qualcuno che ti completi, perché quella parte che manca, sei tu che non la vuoi vedere. E lei lo sa. Sta lì, con quel libro chiuso e quegli occhi che ti spogliano l'anima, aspettando che finalmente ami davvero. Ma davvero, eh. Non col cuore. Col silenzio.
