TAROCCHI

LA TORRE

La Torre nei tarocchi di Oswald Wirth non è una carta: è un cazzotto nei denti dato con l'eleganza di un monaco benedettino ubriaco. È la telefonata alle tre di notte, è il "dobbiamo parlare" senza virgole né preamboli. È la demolizione controllata delle nostre illusioni, fatta però da un pirotecnico sordo e ubriaco.

Wirth l'ha dipinta come un avvertimento: una torre colpita dal fulmine divino, gente che cade come se il piano B fosse il marciapiede. 

La Torre non crolla per errore. Crolla perché l'hai costruita su un mucchio di sabbia, con mattoni presi in leasing e sogni comprati a rate. È l'architettura dell'ego che prende fuoco e brucia come carta igienica in un falò sacrificale. E tu lì sotto con l'ombrello aperto, convinta che bastasse la meditazione del lunedì sera per evitare l'apocalisse personale.

Certo, potresti dire: "È un'opportunità di rinascita!". E certo, pure Hiroshima è diventata una città moderna, ma nel frattempo c'è stato quel dettaglio dell'esplosione nucleare. La Torre ti dice: "Rinascita? Certo. Ma prima ti smonto come un mobile IKEA senza istruzioni".

E Wirth, nel suo stile cabalistico-decadente, ci sussurra dietro i simboli: "Guarda, non è una punizione. È solo la realtà che bussa. A colpi di mazza". Il fulmine non viene da Dio, viene dall'assicurazione karmica. È il conto delle menzogne che hai raccontato a te stessa, col servizio al tavolo e mancia inclusa.

In fondo, la Torre è l'unica carta che ti dice la verità senza metterci lo zucchero sopra: "Il problema sei tu. Ma adesso che sei a terra, puoi iniziare da zero. O restare lì e lamentarti, come preferisci".

Ora, fai pure la tua domanda ai tarocchi. Ma se peschi la Torre, non chiedere: "Perché a me?". Chiedi: "Quanto tempo ho prima che inizi a tremare tutto?". E poi ridi. Perché tanto, crolla lo stesso.

VIZI E WIRTHÙ

Ah, l'amore nella carta della Torre dei tarocchi di Oswald Wirth: una di quelle esperienze spirituali che ti fanno dire "Mai più!" e poi, ovviamente, ci ricaschi la settimana dopo.

La Torre, secondo il buon vecchio Wirth, non è solo una rovina fumante, un grattacielo spirituale colpito dal fulmine del destino, ma è "l'orgasmo cosmico dell'illusione che crolla". E cosa c'è di più illusorio dell'amore? Dai, non prendiamoci in giro. L'amore è quel folle desiderio di farsi distruggere con stile. È come ordinare un cocktail con nitroglicerina al posto del gin, e poi sorprendersi che esploda.

In questa carta, la Torre esplode, la corona cade, e due poveracci volano giù come se il piano terra li stesse aspettando con un abbraccio. È un'immagine sublime del momento in cui ti rendi conto che il tuo partner non è un angelo venuto a salvarti, ma una bomba a orologeria avvolta in un profumo da 200 euro. Quello che pensavi fosse amore era solo l'eco della tua solitudine in una stanza troppo grande per essere condivisa.

Wirth, con quella sua serietà da alchimista sotto acido, ci dice che la Torre non è solo distruzione. È anche liberazione. Ma, diciamolo, la liberazione nell'amore arriva sempre come un pignoramento emotivo. Non te l'aspetti, ti prende alla sprovvista, e poi ti lascia nuda, tremante, con la dignità che cerca un taxi alle tre del mattino.

In amore, la Torre ti mostra che l'ego va giù per primo. Quella vocina che diceva "Io lo cambierò" o "Lei mi salverà" si spegne sotto i calcinacci dell'autocommiserazione. E poi, solo poi, forse, se sei abbastanza fortunato, capisci che l'amore vero è quello che ti fa ridere mentre ti crolla tutto addosso.

Quindi, sì, la Torre è devastante, ma necessaria. Perché a volte, per capire che non hai bisogno di un castello, ti ci vuole un fulmine sul cranio. E se Oswald Wirth ci ha insegnato qualcosa, è che l'unico amore che sopravvive alla Torre è quello che ha imparato a ballare sulle macerie con un bicchiere in mano e un dito medio al passato.